Wednesday 29 July 2015

Conquests of Camelot


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You don’t go to Tanelorn to be alone, it’s not a place for solitude. Of course, the everyday world remains outside the walls of the city, and you remain safely inside, but that doesn’t mean that you can’t share with others the sanctuary they offer. Everyone has a reason of their own to seek out Tanelorn. Personally, I felt like my identity had been shattered, and the pieces scattered around the world. I am trying very hard to collect them, and I needed a place in which to rest while I gathered my fractured self, shard after shard.

"Conquests of Camelot" - front cover
I know not why those I encounter found their own Tanelorn, and how they use their time in the city. But I know there’s a sense of communion. We all share something that led us in the same place, and that matters a great deal. We trade items, find strength in numbers; sometimes we simply share stories, like I am doing with you. My dear friend Julia, for example, had a very interesting old piece, which I’d like to describe to you all.

Julia is a very passionate and caring person. She cares for the persons she loves, and in a proportionate measure, she cares about the things she likes. Being an avid reader as much as I am, we often lend each other books we think the other might like, and we have two very different collections. One time, I was at her house, looking at the new wooden shelves in which she had lovingly placed her books, and in a section about Avalon and the Arthurian cycle, I found an item that immediately caught my eye.

It was a pristine copy of “Conquests of Camelot: The Search for the Grail”, a videogame released by Sierra On-Line in 1989. When I say pristine, I mean it. The box, the slip cover, the disks (both 3.5 and 5.25 floppies), the manuals, the Sierra catalogue – when I saw the latter I was overjoyed with nostalgia: all of my favourite graphic-adventure games where there, as I expected – looked as if the copy had been bought that same day. I was a huge fan of Space Quest and Police Quest as a kid, and being able to examine in all its beauty such a well-preserved copy of “Conquests of Camelot” was a real treat.

5.25" floppy disks
The game was for some aspects a classic Sierra title, but the amount of research that must have preceded the writing makes a difference here. The game creator Christy Marx would deserve an in-depth discussion of her own, as she’s also the author of the cartoon “Jem” and has worked on a bunch of other animated series of the Eighties. She and her husband Peter Ledger (a great artist who passed in 1994, alas) delivered a quality product, which I consider an underrated gem and if you have a chance to try it I strongly suggest you do so. It also features a wonderful soundtrack by Mark Seibert (“Police Quest II”, “Hero’s Quest a.k.a. Quest for Glory”, “King’s Quest” V & VI, “Phantasmagoria”). “Conquests” is the usual text parser with graphics, but as I said the atmosphere and the care for detail in game design is what differentiates the game. I really enjoyed it, maybe more than some other Sierra titles, because of its more serious undertones and its historical, mythological and geographical accuracy.

3.5" floppy disks
I couldn’t help but ask Julia how she had obtained the game, as it was in surprisingly good conditions. She told me that her father had bought the game when she was little, and that she’d only played it briefly once. I’d never seen the game at her place before, so I imagined she had stored it away with other things she didn’t use. She told me that when she refurbished the house, “Conquests” resurfaced, and she almost though about giving it away, but she didn’t. She couldn’t put her finger on the exact reason, maybe the fact it was a gift or it reminded her of her childhood. 

I like to think it was a bit of both, and maybe it was fate. I had just started my quest to rebuild my Tanelorn, and that game box, so well kept, so imbued with sentimental value, and so relevant to my search, had popped up just at the right moment. Mind you, I didn’t think for a second to ask Julia if she would part from the game, I merely wanted to admire the contents of the box, and reminisce about the times I used to play that kind of games. I asked if I could take some pictures, read the manuals, look at the map… My friend was very happy to share her relic with me. Good feelings, good memories. 

A piece of my identity restored, a part of my Tanelorn rebuilt.

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Non si va a Tanelorn per stare da soli, non è un luogo di solitudine. Naturalmente, il mondo quotidiano rimane fuori dalle mura della città, e tu rimani al sicuro al loro interno, ma questo non significa che non si possa condividere con altri il santuario che esse offrono. Ognuno ha la propria ragione per cercare Tanelorn. Personalmente, mi sentivo come se la mia identità fosse stata frantumata, ed i suoi pezzi sparsi per il mondo. Sto provando con molto impegno a riprenderli, ed avevo bisogno di un posto dove riposare mentre raccoglievo il mio io spezzato, un frammento alla volta.

World map
Non so perché coloro i quali incontro hanno trovato la loro Tanelorn, né come usano il loro tempo nella città. Però so che c’è un senso di comunanza. Condividiamo tutti un qualcosa che ci ha condotti nello stesso luogo, e questo conta moltissimo. Ci scambiamo oggetti, traiamo forza dallo stare insieme; alle volte condividiamo semplicemente delle storie, come sto facendo adesso con voi. Ad esempio, la mia cara amica Julia aveva un interessante pezzo d’epoca, che vorrei descrivervi.

Julia è una persona passionale e premurosa. Ha grande cura delle persone alle quali vuole bene e, con le dovute proporzioni, ha grande cura delle cose che le piacciono. Essendo un’avida lettrice almeno quanto me, ci prestiamo spesso a vicenda libri che pensiamo possano piacere l’un l’altra, ed abbiamo raccolte molto differenti. Una volta ero a casa sua, che guardavo i nuovi scaffali sui quali aveva amorevolmente riposto i suoi libri, e nella sezione su Avalon ed il ciclo arturiano trovai un articolo che attirò la mia attenzione all’istante.

Game manual / Lore book
Era una copia immacolata di “Conquests of Camelot: The Search for the Grail”, un videogioco rilasciato dall Sierra On-Line nel 1989. Quando dico immacolato, lo intendo letteralmente. La scatola, la copertina, i dischi (i floppy, sia tre-e-mezzo che 5.25), i manuali, il catalogo della Sierra – quando ho visto quest’ultimo sono stato sopraffatto dalla gioia e dalla nostalgia: tutti le mie avventure grafiche preferite erano lì, come ben sapevo – sembravano quelli di una copia comprata il giorno stesso. Ero un fan sfegatato di Space Quest e Police Quest da bambino, e poter esaminare in tutto il suo splendore una copia così ben conservata di “Conquests of Camelot” è stato un vero piacere.

Per certi versi il gioco era un classico titolo Sierra, ma la quantità di ricerca che deve aver preceduto la scrittura è ciò che fa la differenza. La creatrice del gioco Christy Marx, meriterebbe un approfondimento tutto suo, essendo anche l’autrice del cartone animato “Jem” ed avendo lavorato ad una gran quantità di altre serie animate televisive degli anni ’80. Lei ed il marito Peter Ledger (un grande artista venuto a mancare nel 1994, purtroppo) crearono un prodotto di qualità, che considero una perla sottovalutata del genere, e se avete la possibilità di giocarlo vi consiglio fortemente di farlo. Ha anche l’accompagnamento di una meravigliosa colonna sonora di Mark Seibert (“Police Quest II”, “Hero’s Quest a.k.a. Quest for Glory”, “King’s Quest” V & VI, “Phantasmagoria”). “Conquests” è il solito ricevitore di testo con grafica, ma come ho detto l’atmosfera e la cura al dettaglio fanno la differenza in questo gioco.  Me lo sono veramente goduto, forse anche più di altri titoli Sierra, grazie anche al suo tono serio ed all’accuratezza storica, mitologica e geografica.

Back of the box
Non ho potuto fare a meno di chiedere a Julia come si fosse procurata il gioco, dato che era in condizioni così buone. Mi ha detto che suo padre glielo aveva regalato quando era piccola, e che ci aveva giocato brevemente una sola volta. Non glielo avevo mai visto in casa, ed immagino che lo avesse messo via con altre cose che non usava. Mi ha raccontato che quando ha rinnovato casa, “Conquests” è riapparso, e lei aveva quasi pensato di darlo via, ma non lo fece. Non riusciva a precisare per quale ragione, forse il fatto che fosse un regalo, o che le ricordasse l’infanzia.

Mi piace pensare che si tratti un po’ di entrambi le cose, e forse era destino. Avevo appena iniziato la missione per ricostruire la mia Tanelorn e la scatola di quel gioco, così ben tenuta, così intrisa di valore affettivo, e così significativa per la mia ricerca, era saltata fuori proprio al momento giusto. Sia chiaro, non mi sono neanche sognato di chiedere a Julia se fosse disposta a dare via il gioco, volevo semplicemente ammirare i contenuti della scatola, e abbandonarmi ai ricordi dei tempi in cui giocavo quel genere di giochi. Le ho chiesto se potevo fare delle foto, leggere i manuali, guardare la mappa… La mia amica è stata felice di condividere la sua reliquia con me. Belle sensazioni, bei ricordi.

Un pezzo della mia identità ripristinato, una parte della mia Tanelorn ricostruita.

Wednesday 15 July 2015

HeroQuest

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When I first met my girlfriend Beatrix several years ago, I was afraid that my hobbies would appear to her as childish and make her think less of me. Being a gamer was not such a common thing, and the terms nerd, geek, and others were mostly used in derogatory terms. Nevertheless, after a few months, I discovered that she had a geeky side too! Among other things, she had read the “Grey Star the Wizard” gamebooks by Ian Paige (and set in Dever’s Magnamund), her favourite book was “The Hobbit” by Tolkien and it didn’t take long for her to become a fanatical “Vampire: the Masquerade” player (she still rambles on about how powerful her Tremere character was).

Once, we were talking about tabletop games, and I mentioned “HeroQuest”. Imagine my surprise when she said to me: “Oh yeah, HeroQuest! I have that, with two expansions.” Two thoughts crossed my mind: first, why didn’t she tell me that before; second, she’s a keeper. The game had been one of my favourite childhood games, as my neighbour had the whole game set with all the available expansions and we would play it ad nauseam every summer. More recently I asked him a couple of times if he wanted to sell the game to me, but obviously, being a serious gamer and collector, he politely declined. I can’t blame him.

Anyway, I urged Beatrix to seek out the game, which had been stored in one of the many wardrobes in her attic, as I definitely wanted to see the conditions of the main box and of the two expansions. All in all, it was in a decent state, with only a couple of cards missing from the main deck, and a few elements from the expansions that were nowhere to be found. By the way, the expansion are “Return of the Witch Lord” and “Kellar’s Keep”. I was so hoping that she’d also have “The Wizards of Morcar”, but that one is kind of hard to find, and to be honest we had more than enough material for a nostalgia trip with the stuff she had dug out of the attic.

Of course, we organized a few game dates in which we played several quests with our friends, and we had a great time. All of us had played “HeroQuest” during our childhood, and each one of us was eager to replay it ad relive the adventures of the four dungeon-crawling heroes. We also played it on New Year’s Eve, being the nerds we are, and it was fantastic. Everyone had a favourite character, monster, type of adventure, and we all had a chance to play as a group of kids once more. Priceless!

The "HeroQuest" box
“HeroQuest” was designed by Stephen Baker and published in 1989 as a joint effort by Milton Bradley and Games Workshop. It was loosely set in the Warhammer universe. More than just a game, it was a game system, which allowed for expansions and customization. A “Design Kit” came out, as well as three novels based on the setting. A few years later, an “Advanced” edition came out, with a more complex ruleset. In my opinion, however, one of the things that made the game great was its simplicity when compared to a full-fledged role-playing game, paired with its incredible attention to details. The miniatures, the game board, the screen, the dice, and most of all the cards (illustrated by the great Gary Chalk) made “HeroQuest” stand out as one of the best board games of those years, and made it a great gateway-game to more complex and adult games.

This game, along with its sci-fi counterpart “StarQuest” and many others from the 70s and 80s, such as “Fireball Island” (amazing!) and “Ghost Castle” (a.k.a. “Which Witch?”) by MB, “The aMAZEing Labyrinth” by Ravensburger, etc., have become collector’s item, of course, and full boxes or parts of the game are for sale online and at game conventions. The prices are extremely high, in my opinion, although some boxes are kept in mint conditions and not a single piece is missing. But we’ll tackle the topic of vintage board games and their market another time.

Personally, I am extremely grateful to Beatrix for allowing me to play with her “HeroQuest” set, and I hope to complete it in the future by finding the missing expansions, so that the game nights in Tanelorn with our friends may always offer us a new quest to play.

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Quando diversi anni fa ho conosciuto Beatrix, la mia ragazza, temevo che i miei hobby le sarebbero sembrati infantili e che avrebbero peggiorato la sua opinione di me. Essere un giocatore di ruolo o un videogiocatore non era una cosa popolare come adesso, ed i termini nerd e geek erano usati più che altro in senso dispregiativo. Tuttavia, dopo qualche mese scoprii che anche lei aveva un lato nerd! In particolare, aveva letto la serie di librigame “Oberon” (ambientata nel Magnamund di Dever), il suo libro preferito era “Lo Hobbit” di Tolkien, e non ci volle molto perché diventase una fanatica giocatrice di “Vampiri: la Masquerade” (non fa altro che parlare di quanto fosse forte il suo Tremere).


Una volta, mentre parlavamo di giochi in scatola, nominai “HeroQuest”. Immaginatevi il mio stupore quando lei mi disse: “Oh sì, HeroQuest! Ce l’ho, con due espansioni.” Due pensieri mi attraversarono la mente: primo, perché non me lo avesse detto prima; secondo, è quella giusta. In effetti il gioco era stato uno dei miei preferiti da bambino, dato che il mio vicino di casa aveva il set completo con tutte le espansioni disponibili e ci giocavamo ad nauseam ogni estate. Di recente gli ho chiesto un paio di volte se fosse disposto a vendermi il gioco, ma ovviamente, dato che è un giocatore e collezionista serio, mi ha detto di no. Non lo biasimo.



Comunque, sollecitai Beatrix a cercare il gioco, che era stato riposte in uno dei tanti armadi nel sottotetto di casa sua, dato che volevo assolutamente vedere in che condizioni fossero la scatola base e le espansioni. Tutto sommato, erano in condizioni decenti, mancavano solo un paio di carte dal mazzo principale ed alcuni elementi delle espansioni era spariti. A proposito, le espansioni erano “Il Ritorno del Signore degli Stregoni” e “La Rocca di Kellar”. Speravo tanto che avesse anche “I Maghi di Morcar”, ma quella è un po’ difficile da trovare, e dopotutto avevamo materiale a sufficienza per un’overdose di nostalgia con tutta quella roba che aveva trovato in soffitta.


Naturalmente organizzammo delle sessioni di gioco, nelle quali giocammo diverse missioni con i nostri amici, e ci siamo divertiti moltissimo. Tutti avevamo giocato “HeroQuest” in gioventù, e ognuno di noi era ansioso di rigiocare e rivivere le avventure dei quattro eroi esploratori di segrete. Facemmo una partita anche per l’ultimo dell’anno, da veri nerd, ed è stato fantastico. Tutti avevano un personaggio, un mostro o un tipo di avventura preferiti, ed abbiamo colto l’occasione per giocare come un gruppo di ragazzini. Divertentissimo!

Se ne trovate una copia in italiano, speditemela a Tanelorn!
“HeroQuest” era stato creato da Stephen Baker a pubblicato nel 1989 in collaborazione dalla Milton Bradley e dalla Games Workshop. Era vagamente ambientato nell’universo di Warhammer. Più che un semplice gioco, era un sistema di gioco, che permetteva l’aggiunta di espansioni e modifiche. Uscirono anche un “Design Kit” e tre romanzi basati sull’ambientazione. Alcuni anni dopo, usci anche una versione “Advanced”, con regole più complesse. Però, a mio parere, ciò che rendeva grande il gioco era la sua semplicità rispetto ad un vero e proprio gioco di ruolo, appaiata all’incredibile cura dei dettagli. Le miniature, il tabellone, i dadi, e soprattutto le carte (illustrate dal grande Gary Chalk) fecero di “HeroQuest” uno dei giochi in scatola migliori di quegli anni, e lo resero una porta di ingresso verso giochi più complicati ed adulti.

Questo gioco, insieme alla sua controparte fantascientifica “StarQuest” e molti altri giochi degli anni ’70 e ’80, come “L’Isola di Fuoco” (incredibile!) e “Brivido!” della MB, “Il Labirinto Magico” della Ravensburger, etc., sono diventati oggetti da collezionisti naturalmente, e scatole complete o parti dei giochi si trovano in vendita online ed in fiere specializzate. I prezzi sono altissimi, secondo me, anche se alcune scatole sono tenute in condizioni impeccabili e non manca neanche un pezzo. Ma affronteremo l’argomento dei giochi in scatola d’epoca e del loro mercato un’altra volta.

Personalmente, sono estremamente grato a Beatrix per avermi permesso di giocare col suo “HeroQuest”, e spero di completare il set trovando in futuro le espansioni che le mancano, così che le notti di gioco a Tanelorn con i nostri amici ci offrano sempre una nuova missione da giocare.